Stefano Manici, 19 volte sulla vetta

Si continua con il racconto del Campionato Italiano Velocità in Salita e siamo andati ad intervistare un totem di questa disciplina. Si chiama Stefano Manici è nato a Parma nel 1973, ha iniziato a gareggiare nel 1992 ed in tutti questi anni è diventato campione italiano per ben diciannove volte, un record. Nel 2020 ha corso due gare con Moto Guzzi nella categoria Open 1000 e nel 2019, tutte le gare della classe naked 650 vincendo il titolo con una Triumph Speed Triple.

 

  • Come hai passato l’inverno e come ti sei e ti stai preparando per l’inizio della stagione?

 

Per via di un problema ad entrambe le spalle ho fatto molta fisioterapia. Faccio esercizi con gli elastici per rinforzare la muscolatura delle braccia e delle gambe, corsa a piedi, uscite in bici, anche se la cosa migliore è allenarsi in moto. Con quella vado un po’ in pista, ma dove è possibile anche in strada.

Quest’anno l’idea è quella di partecipare con una bellissima e ottima moto che è la Moto Guzzi 1000 preparata da GC Corse e spero che per il regolamento sia possibile.

 

  • La tua disciplina è praticata da “specialisti” della salita o comunque delle corse su strada. Come ti sei avvicinato a questo tipo di gare preferendole alle competizioni in circuito?

 

Conoscevo le gare perché vengo da una famiglia di motociclisti. Mio zio aveva vinto il titolo Sport Production nel 1985, quindi giravo già per i paddock con lui e mio padre. Ho iniziato nel 1992 e vivendo in collina ho voluto provare una gara in salita. Si correva a San Remo ed io partecipavo con una Honda RC 30. Il campionato si svolgeva su tre prove. Ho vinto la prima, sono arrivato secondo nella seconda. Nella terza ho vinto gara e titolo. Nel 1993 sono passato alla Sport Production, ed è stata l’unica mia parentesi in pista. Guidavo una Yamaha YZF 750, son caduto un paio di volte, mi sono rotto due volte la clavicola e nonostante un podio a Varano, nel 1994 son tornato alle corse in salita. Ho corso con moto di grossa cilindrata e dal 1996 al 2001 ho avuto a disposizione una Geminiani-Yamaha 1000. In quel periodo ho vinto molto e specialmente nel 1998 ho vinto tutte le quattordici prove del campionato.

 

  • E’ una pratica che ha origini lontane, forse le più antiche del motociclismo sportivo per anni si è corso su strada poi le evoluzioni hanno portato a preferire sempre più impianti fissi, più sicurezza ed anche una maggior visibilità negli anni con l’avvento delle TV. Eppure queste corse resistono, non hanno una grandissima ribalta, ma ci sono un sacco di appassionati e partecipanti. Ti senti parte di questa resistenza e da cosa dipende?

 

Prima che sui circuiti le gare si svolgevano su strada. Quando ho iniziato io nel ’92 le prove erano già su tratti brevi e quindi più sicuri, mentre negli anni settanta le salite erano lunghe anche una ventina di chilometri e ciò le rendeva più pericolose e difficili da memorizzare.  Inoltre, durante i giorni che precedono la gara, i concorrenti andavano sul tratto ancora aperto al traffico e provavano la moto al di fuori della manifestazione. Fortunatamente l’avvento delle prove libere che risale agli anni 2000, ci permette di non rischiare e non interferire in modo pericoloso sulla circolazione. Dal 2004 c’è una sessione di prove libera al sabato, una qualifica e due manche di gara la domenica, per un totale di tre salite in condizioni ottimali per tutti.

La parte bella delle corse in salita è il pubblico. Mi è capitato di essere in Garfagnana con un’affluenza di sette/ottomila persone. Questo è molto bello, ricorda un po’ i rally e il pubblico ti viene vicino e ti parla, ti chiede le cose con molta curiosità e l’ambiente è familiare.

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