Pirovano e il tricolore: “Che battaglie a Monza”

Nessuno meglio di lui conosce la pista di Monza e in pochi possono vantare un palmares tricolore come il suo. Perché Fabrizio Pirovano è nato esattamente 50 anni fa a Biassono, a pochi chilometri dalla pista lombarda e perché di titoli italiani, lui, ne ha vinti ben cinque nella Superbike.

Considerato da tutti il “Re di Monza” anche quando correva nel circus iridato delle derivate di serie (oltre 210 gare per lui tra Superbike e Supersport, 6 vittorie a Monza e un titolo mondiale della 600 in carniere), Piro ha da poco appeso il casco al chiodo dopo le ultime gare corse da gentleman driver e vinte, contro uno stuolo di ragazzini, nel trofeo monomarca Suzuki 750.

“Vincere i tricolori, per me, è stato sempre qualcosa di bello – dice Fabrizio, che nel week-end sarà tra gli ospiti “illustri” del CIV – correre a Monza, ai miei tempi, era fantastico. Le gare erano tiratissime e per i nomi dei piloti che partecipavano, l’italiano sembrava un piccolo mondiale: dalla Superbike iridata arrivavano Mertens, Roche, Merkel e gli azzurri Tardozzi, Falappa, Monti, Bontempi… ogni domenica era una guerra e ogni volta potevano vincere 10 piloti. Un titolo italiano aveva quasi lo stesso valore di un mondiale”.

Tra i ricordi personali di Pirovano sulle gare tricolori di Monza, un’epica battaglia a tre con Sarre Monti e Davide Tardozzi che per poco non finì in tragedia. “Era il 1992 e sul lungo rettilineo facevamo a zig zag per non farci prendere la scia… ad un certo punto la leva del freno della moto di Davide toccò il codone della mia moto. Lui perse il controllo e cadde in modo spaventoso ma per fortuna non si fece nulla…”.

Accanto al circuito lombardo, Fabrizio è nato e cresciuto e dice sempre a tutti di aver imparato proprio lì ad andare in moto. “Conosco tutti, dal direttore di gara all’addetto delle pulizie. Per me vincere su quella pista era un’emozione doppia. E poi mi ricordo, da ragazzo, le corse a piedi fino al circuito per andare a vedere Agostini che provava la MV. Il suono della sua moto si sentiva fino a casa mia…”